Come il CBD interagisce con il corpo umano

Le ricerche scientifiche spiegano gli effetti del CBD sul nostro corpo 

20 Giugno 2023


Il CBD sta riscuotendo un enorme successo sotto ogni forma, ed è per questo che è considerato come uno dei rimedi naturali più efficaci per contrastare alcuni problemi come l’ansia o l’insonnia. I suoi effetti benefici stanno conquistando il placet di consumatori e ricercatori; tuttavia, è essenziale capire come il CBD interagisce con il corpo umano per utilizzarlo al meglio.

Il CBD (cannabidiolo) è uno dei principi attivi più noti della cannabis. Esso presenta numerose affinità con gli endocannabinoidi, delle sostanze prodotte dal nostro organismo (e di tutti i mammiferi), e la sua grande efficacia sul corpo umano è determinata proprio da questo fatto.

In questo articolo esploreremo alcune ricerche scientifiche per darti un’idea di come il CBD interagisce con il nostro corpo. Questo contenuto informativo è prodotto dal team di ricercatori di www.loveweed.eu, il miglior e-commerce per fare scorta di cannabis CBD in Europa.


Introduzione al CBD                                                                                       

Il cannabidiolo (CBD) è uno dei due principi attivi più conosciuti e studiati della pianta della cannabis, assieme al Δ9-tetraidrocannabinolo (THC). CBD e THC hanno una struttura molto simile, ma producono effetti sostanzialmente diversi: in particolare, il primo non ha effetti psicotropi o effetti psicoattivi ma ha un’azione positiva su svariate condizioni. Si tratta del principale composto della cannabis legale, dal quale si ottengono oli, cosmetici, estratti e cristalli.

Una ricerca del 2021, pubblicata sul Journal of Cannabis Research, si è soffermata sull’efficacia del CBD su sintomi di dolore, ansia e depressione. L’uso di CBD da parte dei soggetti coinvolti nello studio ha dimostrato quanto il trattamento sia utile sui sintomi specifici oltre che contribuire al benessere generale dell’organismo. Altre ricerche scientifiche, nonché i consumatori stessi, attribuiscono al CBD molti altri effetti benefici: rilassa, allevia lo stress, ha funzioni antinfiammatorie, migliora la qualità del sonno, della digestione e del sistema immunitario. La sua efficacia viene attribuita al fatto che non agisce esclusivamente sui sintomi, va a trattare le cause scatenanti.


Il sistema endocannabinoide                                                                    

La scoperta del sistema endocannabinoide, intorno agli anni Novanta, ha rivoluzionato le conoscenze sul funzionamento del nostro organismo interno e ha finalmente spiegato come i cannabinoidi interagiscono col corpo umano. La scoperta è arrivata durante alcune ricerche sull’affinità tra le molecole prodotte dall’organismo e alcuni tipi di piante. 

In effetti, il sistema endocannabinoide produce gli endocannabinoidi, sostanze molto simili ai cannabinoidi estratti dalla pianta di cannabis sativa. Le ricerche hanno dimostrato che tutti i vertebrati presentano tale sistema interno: mammiferi, pesci, volatili, anfibi e rettili hanno un sistema simile al nostro. Il sistema endocannabinoide è composta da recettori presenti in ogni parte del corpo (sistema nervoso, cervello, pelle, ossa, muscoli ed organi) coinvolti in funzioni quali sonno, metabolismo, riproduzione, ansia e stress, facoltà cognitive, sistema immunitario.


Come funziona l’interazione                                                                        

Il sistema endocannabinoide umano funziona in modo autonomo, coinvolgendo gli endocannabinoidi ovvero gli enzimi e i recettori dei cannabinoidi. In particolare, esso produce gli endocannabinoidi che vanno a legarsi ai recettori sparsi in ogni parte del corpo. Dopo aver attivato la funzione specifica, gli endocannabinoidi vengono scomposti dagli enzimi: gli acidi grassi ne scompongono una parte, mentre il monoacilglicerolo ne scompone altri.

I cannabinoidi interagiscono con i recettori presenti nel sistema endocannabinoide, innescando diverse reazioni. Il THC per esempio si lega con i recettori CB1 (presenti nel cervello e nel sistema nervoso) e con i recettori CB2 (presenti nella milza, nel pancreas e nelle cellule immunitarie periferiche) Per il CBD invece il discorso è diverso: il suo meccanismo è multiforme. Esso non si lega come il THC ai recettori CB1 e CB2, con i quali presenta una debole affinità. Al contrario, è responsabile della modulazione allosterica negativa nei confronti di tali recettori. Alcuni scienziati sono convinti che il CBD prolunghi il ciclo di vita degli endocannabinoidi poiché agisce come inibitore della ricaptazione: per questo motivo il cannabidiolo riduce gli effetti psicotici del THC e ne aumenta la tollerabilità.

La modulazione attiva del CBD va a riequilibrare l’organismo, laddove siano in corso infiammazioni o traumi. Questo avviene perché esso si lega anche ad altri recettori non cannabinoidi, come quelli collegati al dolore. Per esempio, interagisce con il recettore GPR55 provocando effetti antisettici, antitumorali e rinforzanti per le ossa.

I cannabinoidi prodotti dal corpo umano prendono il nome di cannabinoidi endogeni o endocannabinoidi. Allo stato attuale, quelli scoperti risultano essere due: l’anandamide (AEA) e il 2-arachidonoilglicerolo (2-AG). Dalla prima in particolare dipende il benessere della persona. Non a caso essa viene considerata l’ormone della felicità (la parola anandamide deriva dal termine sanscrito “ananda”, ossia beatitudine). Tuttavia, questa sostanza è coinvolta anche in altre funzioni quali memoria, motivazione, cinesi e formulazione di pensieri complessi. Le ricerche scientifiche evidenziano come il CBD possa agevolare la sopravvivenza e la segnalazione endogena dell’anandamide, favorendo uno stato di benessere e stimolando le funzioni cerebrali. In genere, quando gli endocannabinoidi terminano il loro compito vengono inattivati dal sistema neurologico e scomposti in enzimi. Il CBD invece inibisce il riassorbimento dell’anandamide e la sua degradazione, prolungandone gli effetti.

Una carenza di endocannabinoidi può provocare danni all’organismo. Nel 2001 è stata presentata la teoria della carenza clinica di endocannabinoidi, secondo la quale molti disturbi cerebrali (come il morbo di Parkinson e la malattia di Alzheimer) sarebbero correlati ad un basso livello di cannabinoidi endogeni. Altri disturbi connessi alla carenza di cannabinoidi provocherebbero ansia, sclerosi multipla e sindrome dell’intestino irritabile.


Conclusioni                                                                                                         

I prodotti con CBD possono quindi interagire efficacemente con il corpo umano, migliorando alcune condizioni di disagio comuni. Il suo funzionamento è determinato dall’interazione con il sistema endocannabinoide. Quindi vieni a trovarci sul nostro sito loveweed.eu per scoprire le nostre proposte.


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